TOGLIETEMI LE MANI DI DOSSO
VI VOGLIO PARLARE DELL'ARDERE
E DELLA GUERRA SPIRITUALE E POETICA
CHE COMBATTIAMO NEL BUIO
DEL NOSTRO CUORE
VI VOGLIO PARLARE DELL'ARDERE
E DELLA GUERRA SPIRITUALE E POETICA
CHE COMBATTIAMO NEL BUIO
DEL NOSTRO CUORE
...che sono scomparse le forze che facevano girare il mondo, che l'ultimo a rimanere qui è stato non un roveto in fiamme, ma un giovane studente, che mentre moriva in un rogo era quello che era. Io, se in quel momento fossi stato con lui, io lo avrei pregato in ginocchio di ardere, ma in un altro modo, di ardere con la parola, che avrebbe potuto farsi corpo, che avrebbe aiutato chi ancora non arde e chi arde, semmai, con lo spirito e nello spirito.Bohumil Hrabal, IL FLAUTO MAGICO
PROLOGO (tre canzoni)
I
siediti accanto a me
fratello assente
e in silenzio, tacendo
conversiamo
le storie di noi non hanno alcuna importanza
in questo santissimo luogo del presente
che ci vede qui insieme
insieme- con quasi più niente da afferrare
una quasi-preghiera che non sappiamo
nemmeno mormorare
stretta tra i denti e le labbra
-i nostri frammenti sono diapositive
proiettate nella nebbia di notte
nient'altro che estetica
incessante sparizione
e sappiamo bene, io e te
che questa gioia profonda del silenzio
che ci inonda nell'atto stesso
del nostro estremo denudarci -e andare
decostruendo per intero -e con metodo-
la storia naturale
delle arroganze umane
sappiamo, ora, io e te
che in questo andare a fondo nella pace
con rigore di incoscienti -e incoscienza di esiliati
soli e accompagnati da qualcosa
come mai prima d'ora
sappiamo che qui potremmo compiere miracoli
svegliare i morti, far parlare gli animali
e se per caso noi non lo facciamo
è perché è già avvenuto il miracolo che conta
quello attraverso il quale
-miracoli noi stessi-
ci compiamo
II
città, spaccami il cuore se puoi
se hai armi adeguate
non ti tirare indietro
cancella questo idillio dagli occhi
-perché se mi volto vedo rovine
una distesa di macerie
dove non nasce vita
città, spezzami i nervi
ché sono ricacciato in questo esilio
dove non ti appartengo e tu non mi appartieni
ed io non ti posso lasciare -né curare
nera dell'inferno che hai creato
rossa dell'amore scoppiato
nel letto secco delle tue vene
brucia incatenata a un grido di gabbiano
che scambia la discarica col mare
brucia in un impasto di vetrine e catrame
perché sei sotto tiro costante
città delle mie viscere intrecciate
inquinato ideale
sei presa in mezzo all'assedio
e bombardata da ogni lato
città, che non sei mia
ma per fughe e spaesamenti a me uguale
spacca il corpo in diecimila crepe
che centomila rivoli di linfa vitale
escano da questo petto accartocciato
-e tu spaccati in frantumi
se in te non nasce forza
di futuro o poesia
o preghiera di rivolta o
pellegrinaggio d'amore
III
che non ci sia niente da perdere
lungo questo cammino
tranne il pulsare di un cuore umano,
fratello accanto a me, presente,
lo ha rivelato l'uccello notturno
che molti anni fa, nel deserto,
oltre il confine dei mondi ha ascoltato
la voce dell'angelo parlare
lo sappiamo io e te
e per questo passeremo alla selva
ci daremo all'azione
senza più nulla temere
perché noi nulla rischiamo
azione di guerra e di coraggio
contro l'attuale invasione
che spezzi l'assedio del cuore
che tolga l'inganno dagli occhi
riporti il sentire sulle labbra
nella gola la voce
VISIONI DELL'ANGELO
I
si sono sentiti gli spari
l'angelo ha attraversato la strada
lentamente
sulle strisce pedonali
ascoltando le voci
nella sua testa
che sussurravano frasi
qualunque e
rumore
l'angelo ha imbracciato il fucile
ed è entrato nel piccolo alimentari
al di là della strada
e ha sparato nel cuore
di un uomo di mezza età
e di sua moglie
-gente né brutta né bella
gente qualsiasi
uno grasso una magra
l'angelo ha guardato
il lavoro che ha fatto
con tutto quel sangue
versato
per terra
l'angelo uscito dal negozietto
in un attimo
volato via
II
cerchiamo la luce
siamo noi la luce
e noi siamo il buio
siamo noi il sale
l'assenza del sale
una volta che hai scelto l'estremo
non puoi decidere su quale sponda
abitare
il buio e la luce
il silenzio e la voce
cerchiamo la gioia
ma non verrà a noi la gioia
la gioia ti nasce nel cuore
e come il rampicante risale
se hai dissodato il terreno
quando era stagione
III
non puoi tenere lo sguardo
sul corpo cangiante dell'angelo
per la velocità di trasformazione
delle sue luce-buio
forme esteriori
ti brucerebbe la retina, e ogni ricordo
svanirebbe in un istante
nella tua nuova caleidoscopica
bianca follia
sprigionando una fonte accecante
l'angelo continua a respingerti
da quel giardino di fiori-animali
angelo immateriale che mentre
offre corpo all'ideale
ti ricaccia giù nel concreto
delle ortiche
intorno ai boati dei muri di casa
dove i fiori sono soltanto fiori
gli animali animali
laggiù
nel dono assoluto del dolore
questo fiume sotterraneo dentro il petto
che scompare sottopelle, in cucina
in cantina nel catino -nel nero
trascinando sterpi di piante
indisciplinate
forme di vita irredenta, irrazionale
a migliaia giù nell'utero buio
a picco sotto il tubo della gola
non più avvezza a parlare
già spalancata
a non parlare
IV
e dopo il più grande deserto
dilagato sotto occhi allibiti
che ha seccato ogni nostro amore
torniamo a guerreggiare per l'inizio
come non ci fosse altro
che inizio
come se i tratti neri del dolore
non ci riguardassero da questo specchio
come se non fossero "noi"
e noi non fossimo altro
che il gridare
"questa volta per sempre
incorruttibile inizio del mondo
il corpo è rivolta
l'angelo è primavera"
V
l'angelo zoppo ha varcato di nuovo
i confini del buonsenso
col suo passo claudicante
il suo viso schiacciato di cane
è penetrato in quelle brune cosce enormi
è sparito infondo a quel buio
lo si è visto -la pistola alla mano
tornare con l'intento di agire
una volta piombato in città
alla fine del volo
per questo lo tengono d'occhio
lo infamano da debita distanza
lo calunniano dalle pagine dei giornali
gli tirano pietre per dimostrare qualcosa a se stessi
lo chiamano terrorista
perché conosce il desiderio e l'agire
-miscela esplosiva in questo tempo
dove è consentito sognare
ma non realizzare, o fare
purché non si sia affatto sognato-
si fanno il segno della croce
quando passa per strada
non sanno che l'angelo ha fame e bada ad altro
che se notasse il loro pallido accanimento
potrebbe continuare a ignorarli
o -ed è lo stesso-
polverizzarli
con un solo scattare di ali
VI
senza più cuore
lui chiama a raccolta le forze
per guardare
in quel buco
la mano destra che tasta
alla cieca
spinta giù nel profondo
del buio
afferra il dorso dell'angelo
cavallo bianco
che lo ha condotto a bagnarsi
nell'acqua azzurra
del fiume
tenendolo un giorno e una notte
rapito
nel fitto del bosco
quando era
bambino
VII
qui non c'è modo di avere la luce
è tutta la notte che urliamo
sporti dalla finestra
io e te seminudi
non ci vogliono stare a sentire
non ce la vogliono proprio ridare
e giochiamo alle candele spente
nel buio quasi fermo
dell'atmosfera glaciale
tra lenzuola sgualcite
mentre la notte di là dai vetri
è un lastrone
in bilico sui pali della luce
pronto a schiantarsi sul cemento
disperatamente spopolato di umani
giochiamo a restare immobili
io e te spersi nel letto
senza respiro per lunghi trastulli
immobili e disarmati come non siamo mai stati
animali pietrificati
in strane posizioni innaturali
senza frugare nelle lontananze abissali
"tieni ancora un po' il respiro
prima di espirare con forza"
che ci inabissano lontano da noi
dai ricordi di noi
giù tra le pieghe oscure
del bianco accecato
mentre l'angelo sta chiuso nel bagno
fa la doccia da più di un'ora
o è uscito a fare la spesa
VIII
difendere l'aura
finché non saremo di nuovo
e per sempre
chiarificati
pervasi di correnti invisibili
quasi senza un passato da onorare
senza oggetti da custodire
parlando le lingue del mondo
parlando con gli animali
compiendo miracoli con le mani
pellegrinando
nella fratellanza di una gioia
scarnificata
difendere l'aura a tutti i costi
nel deserto che ci viene
questa luce del corpo
che ci è dato
la luce dentro il buio
delle nostre vene
IX
l'angelo è andato a morire
discreto e zitto come un animale
ha provato nel sottoscala
dietro le tende in cucina
tra il fornello e la lavatrice
sotto il divano
nel sedile posteriore
nei meandri della conoscenza
all'ombra dell'ignoranza
nel fitto del cuore
l'angelo non ha trovato
su questa terra
un posto giusto dove morire
dove sparire per sempre
(come gli è stato più volte ordinato)
allora è restato
X
il buio mi piega le ginocchia
la fonte del presente disseccata
resta una distesa di ossa
nell'ombra che s'allarga a macchia d'olio
ma resto piegato a metà
la discesa non mi porta fino in fondo
la caduta è bloccata
le ginocchia staccate dal suolo
non posso
pregare
XI
adesso
in cima a queste fiamme
guardare
le cose del giorno
smolecolarsi
ondate concentriche
di smantellamento
che ormai qui si naviga a vista
gridando come pazzi
selvaggi ubriachi
alle prese col giaguaro
vestiti soltanto
con le ombre dei boschi
XII
il mio cuore aperto è la soglia
arcata tra i mondi
in cui appare la visione
si compie il prodigio essenziale
la trasformazione
e l'Impossibile ha lucida pelle
di rettile ancestrale
non cielo non terra
membrana immateriale
inizio di tutte le cose
sorgente da cui senza sosta
con poco bagaglio
con agili membra
sgorgare
XIII
l'angelo ha occhi feroci
l'angelo ha visto la colpa
la distrazione
ha visto il suicidio sul pavimento
il sudicio che sta sotto i tappeti
l'angelo ha contato ogni centimetro
in direzione della fuga
fatto causando dolore
inquinando questo nostro -non nostro
aperto mare
l'angelo è molto arrabbiato
vorrebbe incenerirmi con gli occhi
se solo gli fosse concesso
lui
lo farebbe
XIV
dammi il tono più semplice
la parola elementare
l'invocazione più scarna
il cantico senza commento
il minimo ingombro di me stesso
dammi il santo sentire
il fuoco sulla fronte
dammi una mano a non morire
un pezzetto ogni giorno
della vita quotidiana che è data
dammi la luce di andare
-non chiedere e dare-
con il cuore spalancato e ignorante
tra le cose verso gli altri
nell'azione da incarnare
dammi il togliere
dami il restare senza
dammi il non sapere
e il non saper parlare
dammi il non chiedere altro
la preghiera naturale
XV
l'angelo ha mollato gli ormeggi
i ragazzi lo guardano dalla sponda del lago
rannicchiati e infreddoliti
sotto le piante scure
le ginocchia strette tra le braccia
mezzi nudi
seduti su grumi di terra
come gattini
spauriti
lo sguardo spinto in là nella notte
nell'acqua buia dove l'angelo s'inoltra
a silenziosi colpi di remi
solo uno sciacquio regolare
verso il richiamo dell'abisso
dove l'angelo si volta a guardarli
bagliore finale
e occhi di fuoco
XVI
freschezza inesauribile
fonte di vita presente
eternità nelle nostre azioni
misura colma di un dio vivente
vita che è più dell'esistenza
aura splendente intorno al volto
splendere
-di qualunque cosa-
splendere
altro dovere non abbiamo
sotto il cielo
tra gli uomini
XVII
dopo il canto si passerà all'azione
come è già accaduto in passato
il canto è ancora canto di guerra
-anche il canto d'amore, mio amore-
la guerra è sempre santa e interiore
le viscere umide dell'animale
che ha arato questa terra scura
sono annodate al corpo dell'angelo
il lucente madreperlaceo
è tutto imbrattato
ma nel suo cieco furore
non la smette di volare
ti porterò fiori domattina amore
se esisterà ancora il mondo là fuori
se farò in tempo a rientrare
se non mi ammazzano in Palestina
XVIII
occhi-acqua mi appari
mi fermo impietrito ai tuoi piedi
visione di donna
visione di madre
visione di angelo in mezzo al deserto
sbucata da dietro un cespuglio
roveto in fiamme
le ali nascoste
tra stracci opachi
hai già dissolto il mio furore
e cammino all'orizzonte
per sempre
inondato di lacrime
il viso asciugato dal sole
XIX
leva il selciato dal
terreno rossastro
dipinge una lancia acuminata
sul malleolo della gamba scarna
quella che poi muove per prima
con grido selvaggio
silenzio
non toglie lo sguardo dal fuoco
le ombre in cerchio nella foresta
tra i bidoni del vicolo
e l'angelo accanto
nell'ombra a fumare
con pinze di ferro
si leva lacrime
dall'occhio sinistro
per impastare i materiali trovati
polvere detriti e quello che c'è
e provare di nuovo a
ricostruire un cuore
XX
angelo ascoltami
angelo bello
angelo che non sei né indulgente né buono
ma bello e irremovibile come pietra solare
e spietato di lame
ascoltami -sono spezzato
disgregato in ogni mia parte
fino all'invisibile visione
del mio cuore umano
angelo, ascoltami e basta
in questa ora torbida
non dire niente con la tua
voce che non sento
non ti chiedo di levare
lo sguardo feroce
concedi soltanto la grazia
di poterti pregare
poterti invocare
trovare la voce -parola
lo stare
XXI
e succhiando dalla bocca dei vecchi
imparare a pregare
ascoltare bene il bianco
più che le righe del parlare
godere della pagina che gira
ritrovare quel luogo in sospeso
tra lo stare e l'andare
e guardare l'infinito che traspare
ringraziando l'istante
che ci apre
XXII
bene, andiamo nel sottosuolo
dove l'angelo enorme sta sepolto
cinque metri sottoterra almeno
il suo corpo raggrinzito si estende
per chilometri e chilometri sotto
le vie tracciate dagli umani
noi come talpe raggiungiamo
i suoi grandi occhi chiusi
larghi e paludosi come
laghi estinti da epoche
proviamo a riaprirli tirando con forza
proviamo a levare quel fango che sigilla
a grattar via la maschera
vedere se sotto c'è qualcosa
sotto i lineamenti di calcare
del dormiente sotterrato
proviamo a svegliarlo, chiamarlo
questo angelo smisurato
parlargli non è cosa facile
con la lingua tagliata che ci ritroviamo
nel nero accecato della bocca
-la parte restante rimasta
nel pezzo di cuore
che ci è stato cavato
tentiamo ogni mossa sottoterra
ma torniamo su in fretta alla luce
del nostro abbacinante giorno umano
prima di morire qua sotto
di dolore
di smarrimento
o di amore
REQUIEM
a Gaza hanno ammazzato
più di trecento bambini
in ventitre giorni di guerra
l'attacco è iniziato il
ventisette dicembre
dell'anno duemilaotto
per finire il diciotto gennaio
del duemilanove
quando noi c'eravamo
e stavamo a guardare
e non abbiamo fiatato
e non li abbiamo fermati
e non siamo partiti
per metterci in mezzo
a quel male
e l'angelo dal luogo
segreto della
sua inesistenza
non ha tolto gli occhi un istante
da questo massacro
il suo sguardo di fuoco
ha trapassato anche noi
e lì ancora
a noi stessi
ci inchioda
ora che non possiamo
scappare
né mai più
cancellare
LA VOLTA CHE L'ANGELO HA PARLATO
tutto luce tutto buio
nella bocca della vostra cavità, umani
che mi ha ospitato
in questi lunghi istanti
questa cascata di millenni
e ora guardiamoci nella ferita
negli occhi ancora aperti
-a morire-
come fratelli
di un altro domani
io angelo senza mani
voi umani senza ali
ora che torno alla mia stella
ora che non so più cosa sono
io non posso che ardere e andare
attraverso confini e galassie
attraverso i colori del nero
che voi non potete vedere
dove voi non mi potete seguire
né col pensiero
né con l'amore